Torino in 5 posti, piu’ quelli del cuore.

Siamo portati a parlare di tutti i posti che visitiamo, che ammiriamo con quello stesso sguardo pieno di tante aspettative positive che indossiamo quando conosciamo una persona nuova. Perche’ diciamocelo, siamo molto piu’ bravi a trovare i pregi di una citta’ che ci ospita per qualche giorno che quella che ci ospita per anni (alcuni anche una vita).

Perche’ vi racconto questo? Nell’ultimo periodo ho potuto vivere due citta’ completamente diverse sia a livello “caratteriale” (passatemi il termine ma tendo a personalizzare tutto) sia in termini di posizione geografica e quindi a livello di paesaggi in cui sono inserite. Si tratta di Ancona e Torino: diametralmente opposte, una sul mare e l’altra vicino alle montagne, la prima un grande paese e la seconda una metropoli a misura d’uomo. Ed e’ in questo contesto che mi sono trovata a non apprezzare la mia citta’ cosi’ come invece viene vista dall’esterno e a dover controbattere residenti anconetani che non apprezzano quello che ai miei occhi invece e’ idilliaco.

Un po’ come quando visiti milano e apprezzi i palazzoni grigi, ma nella tua citta’ sono quel che di peggio non potrebbe essere fatto. Che poi se vogliamo dirla tutta la stessa riflessione potrebbe essere fatta sulle persone. Siamo probabilmente troppo abituati a guardare attraverso i filtri che rendono tutto un po’ piu’ bello, un po’ piu’ luminoso, un po’ piu’ vissuto, un po’ piu’ felice, un po’ più divertente da dimenticarci che appena togliamo il filtro qualsiasi posto e’ meno luminoso con magari anche un velo di tristezza che prima non avevamo visto. Si tratta di realta’, ma si tratta anche di come la affronti. Tutto questo per dire che ho deciso di raccontarvi la mia Torino in 5 punti con il filtro “felicita’ in citta’ ”: quello che proprio non ci si dovrebbe perdere per nessuna ragione al mondo.

La mole Antoneliana – Museo Nazionale del Cinema
Uno dei miei posti preferiti: e’ un percorso all’interno della storia del cinema, dei personaggi che ne hanno fatto da padrona e nei retroscena di alcuni dei piu’ famosi film visti al cinema. E’ un posto che incanta grandi e piccini e che non importa quante volte lo visiti, tutte le volte ti porterai a casa un pezzetto di wow che esclami entrando e che rimane incastrato dentro la tua memoria per sempre.

Una passeggiata sul lungofiume
Prendetevi una mezza giornata lontano dal caos del centro. Prendete un paio di scarpe da ginnastica e seguite il corso del fiume. L’ultima volta ho percorso piu’ di 20km sulle sponde del Po, tirata dal cane ed immersa nei pensieri. Lungo il percorso potrete ammirare il Parco del Valentino con tutte le sue sfaccettature, potrete perdervi nel Borgo Medievale (vera chicca di tutto il percorso) e potrete respirare un po’ di aria pulita in uno dei polmoni della citta’.

Il museo egizio
Non mi dilungherò troppo perche’ e’ un museo ed e’ egizio. Se avete la possibilità, vi consiglio di visitarlo in una delle tante sere d’estate in cui e’ aperto al pubblico (con biglietto, tra l’altro, ridotto a 5€).

Una serata a teatro
Non importa quale sia lo spettacolo, se passate una serata a Torino DOVETE andare al Teatro Regio. Sento gia’ i “si, ma “, “se avanza tempo”, “forse”, “dipende”… non esitate, e’ un’esperienza che vi porterete nel cuore per sempre, non solo per il contesto ma anche per le compagnie che performano sul palco.

Reggia di Venaria
Una piccola (per modo di dire) chicca poco distante da Torino. Una versailles in miniatura, con meno turismo e soprattutto non in Francia (con tutto il rispetto per i francesi!).

Ok, un sacco di bei posti…ma il centro??

Per i fan dello shopping non credo siano necessari dei consigli perche’ troveranno la loro strada appena usciti da Porta Nuova. Come dico spesso ai turisti che mi chiedono: “ sempre dritto e da entrambi i lati!”. Impossibile perdersi!!

Per i piu’ curiosi, condivido invece la mia personalissima lista dei posti del cuore che vi lascio scoprire con un po’ di suspance (fatene buon uso!):

Prato nevoso

Video disponibile online:

Mollare o non mollare, spaghetti o non spaghetti

Premessa: sto scrivendo questo post dal caldo lettuccio, con due cuscini sofficissimi dietro la schiena, uno ancora piu’ soffice dietro il collo e la possibilita’ di alzare le mani fino al massimo alla tastiera del pc. Anzi, a dirla tutta mi sto pure sforzando a scrivere.
Non sono stata investita e non sono ingessata fino al collo, ma la sensazione e’ piu’ o meno quella.

Premessa due: non usero’ mai piu’ lo snowboard se non in condizioni super ottimali.
E adesso vi spiego la giornatina di ieri.

Partenza h8.00 da Torino decidiamo di andare a sciare a Prali. In macchina ho i miei fidi sci da alpinismo (non vi mollero’ mai piu’ lo giuro) e una tavola da snow (quella del mio compagno d’avventura). Arrivati a Prali le condizioni non sono esattamente quello che ci aspettavamo tanto che alla biglietteria ci avvertono che potrebbero chiudere gli impianti a breve a causa delle raffiche che si stavano creando. Decidiamo di salire lo stesso, non ci siamo fatti un’ora e mezza di macchina per niente. Saliamo sulla seggiovia e arriviamo alla Capannina, il primo rifugio di Prali. Entriamo dentro a fare colazione: panino al miele e amaro all’albicocca per me, un bicchiere di genepi e un croissant per il mio socio. Nel mentre aspettiamo l’altra ragazza che condividera’ con noi la giornata sulle piste.

Dopo la colazione super riscaldante siamo pronti per la prima discesa: a bomba, un po’ fuoripista e con le gambe che sento tutto il caldo dell’alcol appena bevuto (e di genepi ne aveva veramente tanto). Prendiamo nuovamente la seggiovia ed e’ in quel frangente che ho cominciato a delirare. Vista la pista molto battuta i miei sci da alpinismo non erano l’ideale, perche’ non prendere la tavola?

La rovina.

Scendo quindi alla biglietteria, prendo una bella tavola a noleggio (una bananona molto figa) e mi butto sulla seggiovia. Pensavo di essere una chiavica e invece devo dire che me la sono sentita veramente bene. Fino alle due. Poi, il degenero.

All’una e mezza siamo ritornati in baita per fare un boccone di pranzo e quando siamo uscita la mia tavola non era piu’ la stessa. Il freddo e il vento avevano creato una patina di ghiaccio sul fondo della mia tavola che abbiamo grattato via alla bene e meglio. La sento che fa quello che vuole lei invece che seguire il mio equilibrio (molto precario). Come sempre, sono l’unica disagiata ma per non far pesare la situazione cerco di scendere e curvare come se niente fosse. In un micro secondo mi parte la tavola, batto una facciata sulla neve dura, il polso si gira male, la spalla di conseguenza, la mascherina sbatte contro il mio zigomo e sento solo gli occhi chiudersi e la testa che pensa “non ti sei fatta niente, non e’ assolutamente niente”. Mi giro a faccia in su peggio di una tartaruga dopo una sbronza colossale e vedo il sole. Con una raffica di vento, ma vedo il sole. I miei compagni di avventura vedono la caduta e tra un misto di preoccupazione e risata mi aiutano ad alzarmi. Quella e’ stata la discesa piu’ lunga mai fatta, la voglia di togliere la tavola e riabbracciare i miei amati sci.

Ma che cosa ho imparato? Che cosa voglio veramente condividere con voi?
Forse che se non provi fino in fondo non puoi dire che una cosa non ti piaccia. O forse che ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo.

V Word

Faccio una premessa: sto per dire una parola brutta, di quelle che una volta pronunciata farete click sulla freccia per tornare indietro. Pero’ questa cosa la voglio condividere, perche’ in fondo questa parola fa paura anche a me, nonostante abbia sposato quasi completamente il suo significato.

VEGANO.

Ecco cosa e’ cambiato nel 2017: sono passata a dare contro a chi si limitava per un’ideaologia forte della limitizione che invece a me e’ stata imposta (glutine e uova), a passare notti insonni, a cambiare quella che e’ la mia alimentazione perche’ si, alcuni cibi non fanno cosi’ bene come invece credevo. Mi sono documentata, ho guardato svariati video (molti sono addirittura disponibili su Netflix) e cercato di trovare tutte le scuse piu’ papabili del mondo per non cambiare l’idea che per anni ho avuto. Sono quindi andata da mia nonna, convinta che potesse farmi tornare con i piedi per terra, ma cosi’ non e’ stato. Mia nonna invece mi ha raccontato della loro alimentazione, di come mangiassero solo ed esclusivamente cereali, frutta e verdura. Mi ha raccontato che all’epoca solo le persone benestanti potevano permettersi di comprare la carne, le uova o qualsiasi altro cibo derivato, sviluppando malattie che i poveri non potevano sviluppare. Mia nonna mi ha raccontanto cosi’ dell’ipertensione, del gozzo e di altre malattie da ricchi.

Non sono qua per farvi cambiare idea ma per condividere un cambiamento. Continuo a non accettare quella parola, troppo idealizzata per quello che invece vuol dire per me vivere seguendo una morale. Mi cibavo di affettati, adesso non riuscirei a comprare quelle scatole piene di conservanti e cibo prodotto in maniera esclusivamente intensiva. Credevo in tante cose, smontate poi una per una dalla semplice conoscenza. E piu’ mi informavo e piu’ avevo bisogno di sapere.

Se volete informarvi cominciate con questo:

CowSpiracy
https://www.netflix.com/title/80033772

What The Healt
https://www.netflix.com/watch/80174177?trackId=13752289&tctx=0%2C3%2C

RIFUGIO FONTANA MURA

Primo week end di riposo post neve:
– sole  √
– buona compagnia  √
– tisana calda   √
– sci nuovi   √( aggiungerei A BOMBA)

Partendo da Torino e’ facilmente raggiungibile in 45 minuti di macchina, senza dover prendere l’autostrada o dover andare in Val Susa. La meta e’ molto conosciuta, appena arrivati c’erano una trentina di ciaspolatori ( Adventure Wildlife ) che si stavano incammincando per l’ascesa al rifugio.

Sci nei piedi, partiamo per questa prima avventura con le pelli del 2017. Sci nuovi da testare e tanta voglia di neve fresca ci hanno accompagnati per tutto il percorso. L’itinerario si articola su una prima parte poco esposta e percorribile solo attraverso una stradina in mezzo agli alberi. Dopo 45 minuti di cammino si apre davanti a noi un panettone che per gli amanti dello skialp e’ come il dolce che tanto si aspetta e che sembra non arrivare mai. Credo ci siano poche cose cosi’ belle come il tracciare la propria strada. Avere una distesa di neve ed essere noi gli artefici di quell’unico percorso. In fondo, credo sia una bella metafora per la vita di tutti i giorni: non importa come, dove e quando, l’importante e’ fare il proprio percorso ed essere consapevoli di dove si vuole arrivare. Ogni tanto bisogna magari attraversare un piccolo corso d’acqua, una difficolta’ imprevista, ma se guardi in alto e vai avanti arrivi sempre all’obiettivo che ti eri prefissato.

Cosi’ arriviamo al rifugio dopo aver tagliato e tracciato il nostro percorso e ci sediamo sulla panchina in legno esterna. Il vento tagliente, i mulini di neve che giocano sulle curve, il sole che si nasconde. La pace e’ stato proprio arrivare a quel momento, sedersi davanti a quei colori e lasciare che la natura giocasse davanti a noi.