Mi sa che fuori è primavera – recensione

Mi sa che fuori e’ primavera

E quell’elefante rosa, enorme, in mezzo. Che tutti fanno finta di non vedere, ci girano intorno come in un ballo triste, danzano da una poltrona all’altra senza urtarlo mai, non lo toccano, non lo nominano, non sollevano lo sguardo. Neppure noi attorno all’elefante riusciamo a guardarci, perché gli occhi di ciascuno sono uno specchio che riflette il dolore dell’altro e si amplifica, il dolore, cresce, alla fine resta solo lui.

mi sa che fuori e' primaveraUn libro straziante, un romanzo tanto breve quanto intenso. Una storia reale, la vita di Irina prima e dopo il rapimento e la scomparsa delle figlie e il suicidio dell’ex-marito. Una donna che dal gennaio 2011, nonosante sia piegata dal dolore e dalla sofferenza,  continua ad andare avanti per le sue bambine. Quando si dice che “la speranza non muore mai” si pensa sempre che sia una cosa positiva, l’ancora di salvezza finale. In questo caso, pero’, il tutto assume una nota decisamente negativa: quella minima speranza di rivedere le tue figlie diventa logorante, diventa l’unica ragione di vita che non riesci a raggiungere. La speranza di poter rivedere il volto delle tue due figlie di 6 anni diventa un desiderio sempre piu’ grosso, come una palla di neve che cadendo si moltiplica diventando alla fine una valanga. Il libro nasce dall’esigenza di Irina di raccontare la storia per elaborare, e rendere cosi’ reale, la perdita.

Ecco, sai cosa sarebbe bellissimo? Che le persone con cui parli di te avessero la capacità di fare silenzio, di stare in ascolto, di non sentirsi in obbligo di commentare con frasi precotte e atterrite. Di accogliere, dare un posto a quel che stai dicendo.

Concita De Gregorio ha infatti scritto il libro senza fare alcuna ricerca del caso; la storia e’ il semplice racconto della mamma, redatto in forma di lettere con diversi destinatari. I toni e le parole cambiano di capitolo in capitolo a seconda delle persone alla quale sono destinate le lettere: una madre puo’ essere forte come un leone quando di mezzo c’e’ la ragione o il bene delle proprie figlie, o fragile come il petalo di un fiore quando deve riordinare i cocci di una vita frantumata in mille pezzi.

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Come potremmo vivere senza placare la memoria, che non vuol dire arrendersi, o dimenticare, ma lasciare che il caldo si raffreddi, che il bagnato si asciughi, che ogni cosa si trasformi e nasca un inizio da ogni fine. Che la fame si sazi per tornare a essere fame. Che il desiderio si estingua per rinascere. Che il sonno dia pace alla stanchezza per avere sonno di nuovo. Ogni minuto della vita gira attorno a qualcosa che non c’è più perché qualcos’altro possa accadere.