Monte Ventolaro e Montagna Forata

Era una fredda domenica di marzo. Una domenica uggiosa, dai tratti più autunnali che primaverili. Una di quelle domeniche in cui, ovviamente, è difficile trovare qualcuno che, nonostante il brutto tempo, abbia voglia di uscire di casa per andare a fare quattro passi in montagna, ma nonostante questo, il richiamo delle montagne, la voglia di uscire a respirare aria pulita sono stati più forti.

Più forti della pigrizia.

Più forti del brutto tempo.

Più forti della solitudine.

Così uscii di casa di buon ora con l’intento di salire il Monte Ventolaro, montagna su cui non ero mai stato.

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Lasciata l’auto nel parcheggio a fianco al Municipio di Scopa, in Valsesia, ho imboccato il sentiero sul lato opposto della strada inoltrandomi in un fitto bosco di faggi e castagni. Immediatamente dopo aver mosso i primi passi mi rendo conto di non essere solo. Ho la fortuna di poter osservare diversi animali selvatici scesi in cerca di cibo accanto al sentiero che, seguendo la bella mulattiera, sbuca nei pressi dei verdi prati all’Alpe Pian del Sasso.

Entro nella radura antistante l’alpe.

Il silenzio è rotto solamente dal verso delle ghiandaie che, allarmate dal mio arrivo, fuggono all’interno del bosco. Il contrasto tra la nebbiolina al limitare della raduna ed il loro piumaggio colorato rende l’atmosfera ancor più suggestiva.

Foto 17-03-19, 11 50 53Oltrepassati i caseggiati dell’alpe, il sentiero si tuffa nuovamente tra le braccia degli alberi fino ad incontrare la strada poderale che collega tra loro diversi alpeggi costituiti da alcune baite recentemente ristrutturate. L’ultima in sequenza è l’Alpe Piana di Biagio, oltre la quale il sentiero rientra nuovamente nel bosco, sale deciso, supera i resti di alcune baite dismesse e porta ad accostarsi all’Alpe di Scotto situata poco al di sotto della bocchetta omonima. Dalla Bocchetta è possibile raggiungere, attraverso diversi itinerari, Boccioleto; una graziosa località in Val Sermenza che sorge all’ombra dell’omonima “Torre”; un monolito di solida roccia che può essere scalato seguendo diverse vie di arrampicata immersi in un ambiente unico e suggestivo.

Il mio itinerario prosegue, invece, verso sinistra, sulla cresta erbosa che conduce alla vetta del Monte Ventolaro. Cima che ha la particolarità di essere formata da tre vette distinte da cui (con il bel tempo) è possibile osservare il panorama sia verso la Valsesia che la Val Sermenza. Oltre la vetta il sentiero degrada in basso in direzione della Cima delle Balme e si collega con i sentieri che giungono dalle vicine località Valsesiane: Scopello, Piode, Campertogno e Boccioleto.

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Decido di fermarmi qualche istante per godermi la vetta.

Inizia a scendere una leggera pioggia.

Le nuvole basse nascondo il panorama circostante.

Mi rendo conto che tutto ciò mi sta regalando un senso di pace pazzesco.

Tutto sembra immobile.

Apparentemente.

In realtà i pensieri corrono veloci trovando il giusto spazio all’interno della mia mente. Quello che agli occhi può sembrare un ambiente ostile ha saputo regalarmi attimi molto intensi.

La prima sensazione di freddo mi risveglia da questo stato di “torpore” e mi riporta velocemente alla realtà. Inizio a muovermi seguendo il percorso seguito all’andata, ma lungo il cammino decido di effettuare una deviazione: poco al di sotto della cima si stacca dall’itinerario principale il sentiero 226e che conduce in circa mezz’ora alla suggestiva cima della Montagna Forata. Il sentiero si svolge su tracce e nei pressi della parte finale, attraverso un tratto esposto attrezzato con una catena, conduce ad una sorta di “finestra” naturale che ne costituisce la cima. La particolare forma ad arco della roccia ha alimentato una leggenda locale secondo la quale questa sia opera del demonio che l’avrebbe urtata con le corna mentre trasportava all’inferno l’anima di un’alpigiana sorpresa in un giorno festivo a rubare del fieno.

Mi rendo conto di essermi trattenuto troppo a lungo e che il meteo non accenna a migliorare, così, seguendo a ritroso il sentiero ritorno sulla cresta erbosa del Ventolaro e velocemente ridiscendo seguendo l’itinerario percorso all’andata.

Dopo circa un’ora e mezza di cammino sono nuovamente al parcheggio dove ho lasciato l’auto. La pioggia ha smesso di cadere e, nonostante le giornate siano ancora corte, le nuvole lasciano spazio a qualche timido raggio di sole.

Ancora una volta la montagna ha saputo regalarmi momenti unici ed indimenticabili. Ha permesso che la “sfidassi” in un giorno in cui sarebbe stato più semplice rimanere chiuso in casa prigioniero dei miei pensieri. Ha fatto si che fossi ammagliato dal suo fascino abbandonandomi completamente ad essa, ma al momento giusto ha anche saputo riportarmi alla realtà facendo in modo che tornassi al momento opportuno.

Consigli tecnici:

Consiglio di percorrere questo itinerario nel periodo tra da marzo/aprile ed ottobre/novembre (A seconda delle condizioni di innevamento). Tranne che per il tratto terminale che conduce alla Montagna Forata, il percorso non presenta difficoltà particolari. La salita alla Montagna Forata può essere evitata seguendo semplicemente l’itinerario principale contrassegnato dal segnavia 226. Per chi volesse compiere in discesa un percorso alternativo, dalla cima del Ventolaro è possibile scendere in direzione della vicina Cima delle Balme e seguendo i sentieri 231 e 226b ritornare a Scopa compiendo un giro ad anello che attraversa anche la graziosa Frazione di Frasso.

Segnavia: 226 e 226e per la salita alla Montagna Forata
Partenza: Scopa 622 m
Arrivo: Monte Ventolaro 1836 m
Dislivello: 1214 m

 

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Monte Barone di Coggiola

IMG_2415Quella al Monte Barone, non è stata una semplice escursione, si è trattato, infatti, di un ritorno.

Un abbraccio.

Sì. Perché devo ammettere che questa montagna, da parte mia, non ha mai goduto di moltissima considerazione. Vi ero salito solamente una volta, quasi 15 anni fa, e per giunta mi aveva fatto parecchio dannare nell’ultimo tratto, ma nonostante questa mia antipatia lei tutte le mattine, costantemente, ha sempre continuato a darmi il buongiorno facendo capolino dietro le finestre di casa.

Finché, durante una mite domenica di gennaio mi sono sentito dire…

”Hey! Perché non andiamo al Barone?”

Il Monte Barone viene considerato da molti come la montagna simbolo della Valsessera (sì, oggi sconfiniamo leggermente dalla Valsesia…), la sua cima supera di poco i 2000 m di quota, ma la posizione particolarmente isolata permette di godere ugualmente di un panorama a 360° su gran parte dell’arco alpino occidentale arrivando sino ai laghi ed alla Pianura Padana. Ciò che potrete vedere non finisce qui…Se ne disponete vi consiglio di portare con voi un buon binocolo perché nelle giornate più limpide si possono addirittura scorgere gli Appennini Liguri!

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L’itinerario che ho percorso inizia dalla località Piane raggiungibile comodamente in auto seguendo la strada che sale da Coggiola; la prima parte del sentiero alterna tratti in salita ad altri in falsopiano e vi permette di giungere in breve tempo al Rifugio La Ciota. Il rifugio è stato ricavato ristrutturando una vecchia Casa del Corpo Forestale e rappresenta un comodo punto d’appoggio quando sarete sulla via del rientro.

Il sentiero prosegue alla destra del rifugio (prestate attenzione al cambio di numerazione: fino al Rifugio La Ciota dovrete seguire il segnavia G1. Oltre il sentiero di riferimento sarà il G8) e percorrendo alcuni ampi tornanti esce dal bosco di larici e vi conduce ad un tratto panoramico in cui la vista si aprirà sul vallone del Monte Barone e dal quale si può avvistare il rifugio posto al di sotto della cresta finale che conduce alla vetta.

Proseguendo lungo il sentiero si giunge in prossimità di un tratto in roccia attrezzato con corde fisse ed una volta superatolo si può giungere agevolmente tramite sentiero al Rifugio Monte Barone. Il percorso oltrepassa il rifugio e prosegue dritto lungo la massima pendenza del pendio verso la Bocchetta di Ponasca presso cui si incrocia il sentiero proveniente dalla vicina Punta delle Camosce; oltre la bocchetta si svolta a sinistra e si risale il tratto terminale della cresta che conduce alla cima.

Solo una volta sbucato in vetta ho realizzato in pieno quanto la particolare posizione isolata della montagna regali un senso di libertà e verticalità pazzeschi permettendomi di poter ammirare un panorama senza eguali. Volgendo lo sguardo a nord-ovest sono stato catapultato al centro di un maestoso ed immenso anfiteatro naturale mentre il Monviso, il Gran Paradiso, il Monte Rosa, i Mischabel, le Alpi del Vallese e Ossolane, il Bernina e l’Adamello mi hanno accolto in un grandioso abbraccio.

_DSC2896Il mio sguardo si è quindi posato verso sud, verso le cime vicine e sulla cresta di Sud-Est del Barone, la cresta che dal Monte Gemevola corre veloce sottile ed affilata verso la Punta Pissavacca e da qui sale alla Punta delle Camosce per poi scendere alla Bocchetta di Ponasca e terminare il suo percorso proprio sulla vetta da cui la osservo. In quel momento mi sono reso conto che il ritorno al Barone non è stato casuale, che questa montagna mi ha chiamato per accogliermi e mostrarmi la sua reale bellezza, una bellezza che fino ad allora non ho saputo cogliere in pieno.

In quel momento mi sono reso conto che il mio ritorno al Barone non sarebbe stato un episodio sporadico.

IMG_1820La discesa dalla vetta può avvenire per il primo tratto seguendo il percorso seguito in salita, fino al rifugio Monte Barone, da qui è possibile seguire un secondo itinerario (indicazioni nei pressi del rifugio) che permette di effettuare un percorso ad anello attraverso paesaggi molto suggestivi e ricongiungersi alla prima parte dell’itinerario seguito in salita nei pressi del Rifugio La Ciota. In alternativa a questo percorso è possibile anche scendere l’itinerario seguito all’andata.

Precedentemente ho definito la mia esperienza al Monte Barone come un ritorno ed un abbraccio. Spesso queste espressioni sono legate insieme, simboleggiano azioni conseguenti l’una all’altra. Sì, perché spesso in occasione di un ritorno si viene abbracciati, accolti nuovamente dall’affetto di chi ha voluto e saputo attenderci dopo un periodo di lontananza. Tornare, dopo molto tempo, sulle pendici di questa montagna mi ha trasmesso proprio questo genere di sensazione: essere ri-accolto. Sotto lo sguardo amorevole delle sue sorelle più grandi che hanno ispirato ed incoraggiato questo incontro.

Pensateci. Questo avviene ogni volta che ciascuno di noi si reca in montagna oppure entra in contatto con la natura; la montagna e la natura abbracciano l’uomo e lo accolgono permettendogli di godere della loro bellezza. Una bellezza semplice, essenziale, a volte fragile, ma non per questo non degna di ammirazione e rispetto. Un’ammirazione ed un rispetto che troppe volte noi umani scordiamo di dover avere nei confronti di questa natura che troppo spesso maltrattiamo.

Consigli tecnici:

Il percorso è percorribile senza particolari difficoltà. Il periodo consigliato per salire al Monte Barone spazia dal maggio ad ottobre. L’inverno particolarmente mite mi ha permesso di poter salire anche a gennaio, ma durante questo periodo vi consiglio di prestare particolare attenzione all’innevamento (evitate di salirvi in seguito a periodi di forti nevicate) ed alle condizioni del tratto terminale (ghiccio) ed attrezzarvi con ramponi o ramponcini.

Il Rifugio La Ciota è sempre aperto, mentre il Rifugio Monte Barone è aperto nei fine settimana di giugno, luglio e settembre e tutti i giorni durante il mese di agosto.

Segnavia: G1 + G8
Partenza: Piane di Rivò (Coggiola) 950 m
Arrivo: Monte Barone di Coggiola 2044 m
Dislivello: 1094 m