Informazioni di servizio – Luglio 2021

Mi viene difficile seguire con costanza un qualcosa che necessita di veramente tanto tempo. Pero’ ritorno sempre qui. Il blog, il mio posto.

Un po’ come quegli amori che non riesci a dimenticare, come le passioni che anche se rimangono a tacere per un po’ poi ad un certo punto trovano il modo di uscire fuori, come una voce potente. Cosi’ e’ la mia presenza qui e mi sono autoconvinta che si, va bene cosi’.

In una estate che ha visto venire alla luce piu’ libri che fiori, io ho taciuto. Una volta mi sedevo e scrivevo, tiravo fuori dalla borsa il mio inseparabile quadernino rigorosamente nero e scrivevo. Che fosse ad un bar, in un parco, su un treno o sui mille aerei presi quando vivevo all’estero. Scrivevo sul retro degli scontrini le emozioni di quel momento per non dimenticarmi di tutta la loro grandiosita’. Ma scrivevo anche per poter rileggere, sorridere e pensare “che bei tempi che erano quelli”.

Da un po’ di anni ho il pc, anche lui inseparabile compagno, che mi aiuta a mantenere vivi i ricordi e a coltivare quella sana nostalgia del tempo perduto. Mi manca, pero’, il tempo per potermi sedere, a mente aperta, e scrivere di getto quello che vive dentro la testa e che ha bisogno di parole per poter esistere nero su bianco.

Questa cosa negli ultimi anni mi ha portato a litigare spesso con la mia testa, vittima dell’impegno preso con me stessa e della sensazione di fallimento se non riuscivo a stare al passo con le pubblicazioni che mi ero prefissata. Cosi’, come qualsiasi rapporto tossico, ho dovuto staccare la spina di netto.

La prima settimana senza aver pubblicato post e’ stata difficile, avevo ancora forte il giudizio di quella voce che mi diceva “sei ancora in tempo, cosa ti costa alle 11 di sera metterti al pc e scrivere qualcosa?!”. Mi costava. Sarebbero state ore di riposo in meno, una mente meno lucida il giorno successivo e una mamma meno presente o felice per Noah.

Cosi’ sono passate due settimane senza post, un mese, due mesi. Oggi sono qui, ma domani non lo so.

E va bene cosi’. Non ci sono biglietti da timbrare, ma solo un posto in cui condividere attimi di vita, consapevole che ogni tanto, pero’, la vita va solamente vissuta in tutta la sua grandezza. Bevuta in un unico sorso e raccontata poi, forse, a tempo e debito.

Ad oggi conto 294 articoli scritti sul blog, vi lascio quindi in buone mani se avete bisogno di qualche consiglio o di qualche lettura. Noi ci rivedremo presto, appena il tempo tornera’ ad essere meno sospeso.

Puoi trovarmi anche su instagram, sul profilo personale: @giulia_gribaudo_

Il miracolo della presenza – Thich Nhat Hanh

Schermata 2018-07-18 alle 10.24.48Qualche settimana fa una ragazza che ho conosciuto tramite i social (la trovate su IG come @talkafterbooks ) mi ha girato un estratto di quello che stava leggendo. Uno dei tanti racconti del libro di Thich Nhat Hanh (maestro zen vietnamita, poeta e pacifista) intitolato il miracolo della presenza; una lettura molto facile perche’ sotto forma di storiella, ma che personalmente mi ha lasciato molto su cui riflettere. Ve la ripropongo qui:

In questo racconto di Tolstoj c’è un imperatore che un giorno pensò che se avesse avuto la risposta a tre domande, avrebbe avuto la chiave per risolvere qualsiasi problema: Qual’è il momento migliore per intraprendere qualcosa ? Quali sono le persone più importanti con cui collaborare ? Qual è la cosa che più conta sopra tutte ? L’imperatore emanò un bando per tutto il regno annunciando una lauta ricompensa per chi avesse saputo rispondere alle tre domande. Ma le risposte che i centinaia di avventori gli diedero, non lo convinsero in nessun modo. Per la prima domanda risposero nei modi più vari. La cosa migliore era secondo alcuni la costituzione di un Consiglio di esperti, per altri era rivolgersi a maghi e indovini.

Per la seconda domanda, gli consigliarono di riporre la sua fiducia negli amministratori, un altro gli consigliò di affidarsi al clero o ai monaci. Per la terza domanda, qualcuno disse che l’attività più importante era la scienza, altri dissero l’arte militare, o la religione. Insoddisfatto, l’imperatore decise di rivolgersi a un eremita, un sant’uomo che si riteneva molto saggio, che la mattina dopo decise di andare a trovare, scalando la montagna sulla quale si era ritirato a vivere. Ma giunto al cospetto dell’eremita, questi non rispose a nessuna delle sue domande. Era intento a vangare il suo orto. “Devi essere stanco, ” disse l’imperatore, “lascia che ti aiuti”. L’eremita lo ringraziò , gli diede la vanga e si sedette per terra a riposare. L’imperatore vangò per due ore, poi mise giù l’attrezzo, e disse all’eremita: “Sono venuto per rivolgerti tre domande. Ma se non sai darmi la risposta, ti prego di dirmelo, così me ne torno a casa mia.”

E il ferito raccontò la sua storia: era un acerrimo nemico dell’imperatore, deciso ad ucciderlo, perché nell’ultima guerra l’imperatore aveva ucciso il fratello e si era impossessato dei suo beni. Sapendo che l’imperatore era andato da solo su quella montagna per consultare l’eremita, lo aveva seguito,ma nel bosco era stato affrontato dalla scorta, e anche se ferito gravemente, era riuscito a fuggire. “Volevo uccidervi, “disse l’uomo, “e invece mi avete salvato la vita ! La mia vergogna e la mia riconoscenza sono indicibili. Se vivo, giuro di servirvi per il resto dei miei giorni e di imporre a figli e nipoti di fare altrettanto. Vi prego, concedetemi il vostro perdono.”

L’imperatore non solo lo perdonò, ma andò a cercare la sua scorta, per far ricondurre l’uomo a casa sua. E diede ordine che fosse assistito e curato. Poi, tornò a cercare l’eremita. Voleva riproporgli le tre domande per l’ultima volta. Lo trovò che seminava nel terreno dove il giorno prima aveva vangato. L’eremita si alzò e guardò l’imperatore: “Ma le tue domande hanno già avuto risposta.” “Come sarebbe ?” chiese l’imperatore.

“Se ieri non avessi avuto pietà della mia vecchiaia, “rispose l’eremita, “e non mi avessi aiutato a scavare questi solchi, tu saresti stato aggredito da quell’uomo sulla via del ritorno. Allora ti saresti pentito amaramente di non essere rimasto con me. Perciò il momento più importante era quello in cui scavavi i solchi, la persona più importante ero io, e la cosa più importante da fare era aiutarmi. Più tardi, quando è arrivato il ferito, il momento più importante è quello in cui hai medicato la ferita, perché se tu non lo avessi curato sarebbe morto e avresti perso l’occasione di riconciliarti con lui. Per lo stesso motivo la persona più importante era lui e la cosa più importante era medicare la sua ferita. Ricorda che c’è un unico momento importante: questo.

Il presente è l’unico momento di cui siamo padroni. La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte, perché chi può dire se in futuro avremo a che fare con altre persone ? La cosa che più conta sopra tutte è rendere felice la persona che ti sta accanto, perché solo questo è lo scopo della vita.”

69313958_502838183619283_1142929671214596096_nSe il presente e’ l’unico momento di cui siamo padroni, non dovremmo sfruttare ogni singolo minuto al meglio? Personalmente non l’ho interpretato come una sfumatura di CARPE DIEM, quanto piu’ alla possibilita’ di essere gentili verso il prossimo in questo preciso momento. Non lasciarsi scappare l’occasione di fare del bene ora, di aiutare qualcuno adesso, perche’ solo su questo abbiamo un qualche potere decisionale. E non c’e’ nulla di piu’ potente del bene, del donare e dell’allungare la mano verso qualcuno che potrebbe aver bisogno.

Nel quotidiano credo sia una sfida, alcuni gesti vengono dettati piu’ dalla routine che dall’approccio con cui vogliamo veramente agire. E come qualsiasi cosa nella vita, credo che l’importante sia sapere ed essere consci della strada che si vuole percorrere, facendo del proprio meglio per rimanere su quel sentiero.

Peace and Love

Giulia