Indocina – Maldive Pre – partenza

È la mia prima volta. Non ho mai fatto un viaggio così lungo, e forse neanche così lontano: 3 giorni in Laos, 7 giorni in Vietnam, 3 giorni in Cambogia, 9 giorni alle Maldive.

Preparo la valigia e ci ritrovo oggetti che non mi appartengono…zaino, antizanzare, medicine, k-way (io?? Sotto la pioggia senza ombrello??). E poi ci metto cose che non so neanche se userò: trattamenti per il viso, trucchi, accessori per il fitness, e tutte quelle comodità che forse rimarranno sul fondo della valigia…quella valigia che verrà aperta e richiusa mille volte.

Ripercorro l’itinerario del viaggio:

Partenza da Milano Malpensa, scalo ad Abu Dhabi, scalo a Bangkok, arrivo 48 ore dopo la partenza, a Vientiane (Laos). Dicono che i laotiani siano gentili e carinissimi, dicono che avremo una guida parlante inglese perché italiana è difficile da trovare, dicono che i pagamenti si effettuano in dollari americani ma vanno benissimo anche gli euro. Quante cose che dicono!

Vientiane, la capitale del Laos, al confine con la Thailandia. Luci, luci e lanterne ovunque! E rossa…rossa, arancione, senape…senape e calda! Così la sogno la notte, e già la amo. Seconda città: Luang Prabang. Me la immagino ricca di colori, piena di gente in costume locale che si riversa nelle strade, non vedo l’ora di visitarla.

E poi il Vietnam, quanto ci ho fantasticato! Vorrei dire alle persone che il Vietnam non è più posto di guerra, non fa più paura, non è più tabù. Prima tappa: Hanoi, la capitale. So che è una metropoli, non so come me la aspetto. Ascolto mia madre dire che si ricorda di averla sentita nominare spesso ai telegiornali, quando era ragazzina; io, prima di organizzare questo viaggio, non sapevo neanche quale fosse il suo nome.

Dopo Hanoi, ci sarà una crociera con una notte a bordo della nave, nella baia di HaLong: vedo foto su instagram, e rimango a bocca spalancata. È lei, la baia di HaLong, che mi ha fatto scegliere questo viaggio.

Da qui, si passerà a Hoi An: la chiamano la città delle lanterne ed è la storia più romantica che abbia mai sentito! E’ il posto che più di tutti ho voglia di visitare, e so che sarà il mio preferito…lo è già!

Huè e la città imperiale: la voglio immaginare grigia e verde, come un enorme parco fatto di erba, piante ed edifici e strade e muretti. Sì, erba verde e strade grigie.

E poi Saigon, altrimenti detta Ho Chi Minh City: beh, lei è rossa come il sangue, lei ha una storia da raccontare, una storia di lacrime sofferenza e disperazione, ma anche di vittoria e risalita. Lei, più di tutte, mi racconterà di guerre, di speranze, e di conquiste politiche. Lei mi darà una lezione di vita.

Dopo aver visitato il Vietnam, sarà la volta della Cambogia: Phnom Penh, la capitale. Ecco, la Cambogia me la immagino fatta di Buddha e di pietra, di colore marrone come la terra bruciata e verde come il muschio, piena di paesaggi zen e di natura, traboccante di credenze.

Siem Reap e Angkor: templi, templi e ancora templi, e foresta, e bambini che vendono i fiori. Arte e scultura come non ne ho mai viste. Lei è più marrone di tutte, marrone come i suoi templi visti da lontano, visti nelle fotografie. Ah, le fotografie! Ne farò mille, diecimila, centomila! La mia reflex freme!

Ultime, le Maldive: la meta sarà l’isola di Gangehi, situata nella zona nord dell’atollo di Ari, così lontana dalla capitale Male, da essere raggiungile solo in idrovolante. Sfumature tenui, mare, spiaggia, cocco e pesci tropicali…chissà se le cartoline sono fedeli!

Chiudo i vestiti nella valigia, e i sogni nel cassetto…presto scoprirò se le emozioni suscitate dall’organizzazione di questo viaggio saranno soddisfatte.

 

Autore:Schermata 2019-04-16 alle 10.11.33

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Partiamo dal presupposto che non mi reputo ipocrita e quindi, se non mi fossi trovata in uno stato “negativo” forse questo post non l’avrei mai nemmeno scritto. La situazione pero’ e’ questa: nemmeno un mese fa mi hanno rubato la bicicletta, poi il telefono e adesso i soldi dalla carta di credito. Sono quindi senza soldi e in attesa del prossimo stipendio (il prossimo mese). Come posso pero’ usare quest’esperienza in senso positivo?

  1. Ho scoperto di avere una rete di sicurezza disposta a darmi una mano. E non intendo la famiglia, proprio le persone che orbitano attorno alla mia quotidianita’. Quest’esperienza mi ha mostrato che NON SONO SOLA.
  2. Ho scoperto che parlare dei problemi li rende un po’ piu’ piccoli e soprattutto non rimangono intrappolati nella testa a fare danni.
  3. Molte cose sono superflue, diamo per scontato praticamente tutto una volta che entra nella nostra routine: andare a bere, mangiare fuori, prendersi un gelato. Solo perche’ possiamo farlo tutti i giorni diventa una banalita’. Non poter assecondare anche solo un gelato per qualche giorno/settimana e’ invece una doccia fredda di realta’.
  4. Impari a fare le cose diversamente: niente macchina, mi muovo se posso e vivo piu’ a contatto con la natura.
  5. Ho imparato che a piangere e disperarsi ci si fa del male solo ed esclusivamente a noi stessi. Fisicamente e mentalmente. Bisogna invece imparare ad accettare, perche’ a tutto c’e’ una soluzione. Anzi, c’e’ una sola cosa che non ha soluzione ed e’ la morte. Per tutto il resto, invece, c’e’ sempre un margine di miglioramento.

Quindi ecco, ho smesso di piangermi addosso e aspettero’ il nuovo mese per potermi mangiare un bel gelato nonostante gli odierni 40 gradi all’ombra. Mi scuso per i prossimi post ma that’s my life. Non voglio fingere che la realta’ sia diversa, saro’ contenta per chi mi vorra’ accompagnare e seguire un sorriso alla volta in questo/i mese/i di stenti 🙂

Una notte a Mezzavalle

Terrore dei più pigri ma vera e propria passione per tutti quelli che amano le spiagge libere e selvagge, Mezzavalle è una spiaggia che facilmente rimane nel cuore di chi la visita. Completamente immersa nella natura del Parco del Conero, per raggiungerla bisogna affrontare un ripido stradello (più o meno 10 minuti di cammino), ma lo scenario che troverete davanti a voi, una volta arrivati in fondo, vi ripagherà di qualsiasi fatica. Non troverete lettini e ombrelloni, ma solamente un piccolo bar/trattoria su una lunga spiaggia bianca: il verde selvaggio del Monte Conero dietro di voi e l’azzurro cristallino del mare di fronte ai vostri occhi. Nel 2014 Legambiente ha inserito Mezzavalle tra le prime posizioni di «La più bella sei tu», il contest che nomina la spiaggia più bella dell’estate. Nel 2015 anche Skyscanner ha inserito Mezzavalle tra le dieci spiagge più belle d’Italia.

Qui ti consiglio la guida per poter conoscere Le Marche ed Ancona.

Una curiosità

Volete una pelle più liscia e luminosa mentre siete baciati dal sole nella spiaggia di Mezzavalle? Iniziate allora a camminare verso la parte sinistra della spiaggia (guardando il mare), qua troverete una cava di argilla. Spalmatela sul corpo, aspettate che si secchi e poi buttatevi in acqua per sciacquarvi! Per sapere come arrivarci, cliccate qui!

La “nostra” Mezzavalle

Non potevo vivermi l’esperienza come tutte le persone normali che approdano su questa spiaggia stupenda, ovviamente. Arrivo ad Ancona domenica notte scortata da nuvole e un po’ di pioggia, ma il tempo avverso non ha comunque influito sulla voglia di scendere per lo stradello e passare la notte accampati in stile Cast Away. Ed effettivamente e’ andata un po’ come nel film: dopo aver assicurato il nostro telo (questo telo qua, nulla di piu’) con dei pali in legno, abbiamo assistito a quello che poteva essere paragonato a tutti gli effetti ad un diluvio universale con tanto di fulmini e saette. Come nel film, anche noi abbiamo passato la notte ad aspettare che si facesse giorno, ad aspettare che smettesse di piove… o almeno che smettesse di soffiare il vento. Verso le 7 di mattina si placa la tempesta e riusciamo ad uscire per la prima volta dalla nostra tana di fiducia. Mi avvicino alla riva guardando con soddisfazione il paesaggio che ci circonda. L’acqua e’ calda e cristallina, mai vista un’acqua cosi’ trasparente a bagnare le spiagge italiane. La brezza riempie i polmoni e allora penso che e’ proprio vero, Murakami ha sempre ragione, in un modo o nell’altro: Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. (Haruki Murakami) Consigli post Nostra esperienza:
  • generalmente ci si puo’ accampare solo ed esclusivamente con teli di fortuna, vi consigliamo pero’ di pensare a una tenda di quelle che si lanciano velocemente se il tempo e’ incerto come era nel nostro caso.
  • Scendere dallo stradello in infradito e’ fattibile solo se hai delle ventose al posto dei piedi: io sono riuscita a scivolare anche con le vans, perche’ lo stradello non perdona nessuno.
  • Scendete “leggeri”, tutto il peso che portate giu’ dev’essere riportato alla macchina con un coefficiente di pesantezza +10 dato dagli asciugamani bagnati.
  • E’ assolutissimamente vietato accendere fuochi (alle spalle potete ammirare l’immenso verde del parco del Conero)
  • Potete andare con i vostri amici pelosi, si divertiranno come dei matti!
Un ringraziamento speciale a Lovely Ancona per la collaborazione alla stesura dell’articolo.

Una vita in ferie

Ferie a Marzo e dove vado? Ancona!
Si, anch’io ero un po’ perplessa prima di essere travolta dalle meraviglie della regione, e devo ammettere che mi sono positivamente stupita per quanto le Marche abbiano da offrire.

Il patrimonio naturalistico marchigiano è imponente: quasi 90.000 ettari del territorio sono ricoperti da due parchi nazionali (Monti Sibillini e Gran Sasso e Monti della Laga), quattro parchi regionali (Monte ConeroSasso Simone e SimoncelloMonte San Bartolo e Gola della Rossa e di Frasassi) e sei riserve naturali (Abbadia di FiastraMontagna di TorricchioRipa BiancaSentinaGola del Furlo e Monte San Vicino e Monte Canfaito).

Avendo una settimana di tempo da condividere con il mio marchigiano, le attivita’ sono veramente innumerevoli:
– Montefeltro a cavallo
– Parco del Conero con Maia e la vista immensa della natura montuosa a ridosso del mare
– trekking sul Gran sasso
– trekking Monti Sibillini

… l’idea e’ quella di condividere la bellezza del nostro territorio italiano che non ha nulla da invidiare a quello straniero, di valorizzare i piccoli comuni che gia’ si sono mossi in questo senso, offrendo strutture idonee e organizzando eventi per i turisti che vogliono conoscere questo spicchio d’Italia. La proposta e’ quella di riprendere in mano cio’ che e’ nostro con il mezzo del territorio e il fine della meraviglia (Manzoni 200 anni fa diceva ” la poesia e la letteratura in genere deve proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo).

Vi aggiorno presto!!

 

 

Mi capita che

Come cambia il mondo. Sono andata fino in Islanda e non ho visto nemmeno una parvenza di striscia verde nel cielo. L’aurora la si vede solo d’inverno. Poi in una giornata che poteva essere perfetta semplicemente già così com’era ecco che il mondo ti stupisce. L’hanno ufficialmente chiamata “l’aurora boreale del Piemonte”. E io mi ricorderò sempre mia sorella che me la indica, io che accosto la macchina e noi che ci godiamo questo spettacolo. Non me la spiego, ma cerco di spiegarmela lo stesso. Nell’assurdità del reale forse la risposta è in quel karma magico, quello che ti fa capire che le cose da soli sono fighissime, ma poterle condividere con qualcuno sono la vera essenza.

Prato nevoso

Video disponibile online:

Mollare o non mollare, spaghetti o non spaghetti

Premessa: sto scrivendo questo post dal caldo lettuccio, con due cuscini sofficissimi dietro la schiena, uno ancora piu’ soffice dietro il collo e la possibilita’ di alzare le mani fino al massimo alla tastiera del pc. Anzi, a dirla tutta mi sto pure sforzando a scrivere.
Non sono stata investita e non sono ingessata fino al collo, ma la sensazione e’ piu’ o meno quella.

Premessa due: non usero’ mai piu’ lo snowboard se non in condizioni super ottimali.
E adesso vi spiego la giornatina di ieri.

Partenza h8.00 da Torino decidiamo di andare a sciare a Prali. In macchina ho i miei fidi sci da alpinismo (non vi mollero’ mai piu’ lo giuro) e una tavola da snow (quella del mio compagno d’avventura). Arrivati a Prali le condizioni non sono esattamente quello che ci aspettavamo tanto che alla biglietteria ci avvertono che potrebbero chiudere gli impianti a breve a causa delle raffiche che si stavano creando. Decidiamo di salire lo stesso, non ci siamo fatti un’ora e mezza di macchina per niente. Saliamo sulla seggiovia e arriviamo alla Capannina, il primo rifugio di Prali. Entriamo dentro a fare colazione: panino al miele e amaro all’albicocca per me, un bicchiere di genepi e un croissant per il mio socio. Nel mentre aspettiamo l’altra ragazza che condividera’ con noi la giornata sulle piste.

Dopo la colazione super riscaldante siamo pronti per la prima discesa: a bomba, un po’ fuoripista e con le gambe che sento tutto il caldo dell’alcol appena bevuto (e di genepi ne aveva veramente tanto). Prendiamo nuovamente la seggiovia ed e’ in quel frangente che ho cominciato a delirare. Vista la pista molto battuta i miei sci da alpinismo non erano l’ideale, perche’ non prendere la tavola?

La rovina.

Scendo quindi alla biglietteria, prendo una bella tavola a noleggio (una bananona molto figa) e mi butto sulla seggiovia. Pensavo di essere una chiavica e invece devo dire che me la sono sentita veramente bene. Fino alle due. Poi, il degenero.

All’una e mezza siamo ritornati in baita per fare un boccone di pranzo e quando siamo uscita la mia tavola non era piu’ la stessa. Il freddo e il vento avevano creato una patina di ghiaccio sul fondo della mia tavola che abbiamo grattato via alla bene e meglio. La sento che fa quello che vuole lei invece che seguire il mio equilibrio (molto precario). Come sempre, sono l’unica disagiata ma per non far pesare la situazione cerco di scendere e curvare come se niente fosse. In un micro secondo mi parte la tavola, batto una facciata sulla neve dura, il polso si gira male, la spalla di conseguenza, la mascherina sbatte contro il mio zigomo e sento solo gli occhi chiudersi e la testa che pensa “non ti sei fatta niente, non e’ assolutamente niente”. Mi giro a faccia in su peggio di una tartaruga dopo una sbronza colossale e vedo il sole. Con una raffica di vento, ma vedo il sole. I miei compagni di avventura vedono la caduta e tra un misto di preoccupazione e risata mi aiutano ad alzarmi. Quella e’ stata la discesa piu’ lunga mai fatta, la voglia di togliere la tavola e riabbracciare i miei amati sci.

Ma che cosa ho imparato? Che cosa voglio veramente condividere con voi?
Forse che se non provi fino in fondo non puoi dire che una cosa non ti piaccia. O forse che ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo.

Ci sono quei momenti

Ci sono quei momenti che solo il fuoco di un caminetto di una baita può capire.

V Word

Faccio una premessa: sto per dire una parola brutta, di quelle che una volta pronunciata farete click sulla freccia per tornare indietro. Pero’ questa cosa la voglio condividere, perche’ in fondo questa parola fa paura anche a me, nonostante abbia sposato quasi completamente il suo significato.

VEGANO.

Ecco cosa e’ cambiato nel 2017: sono passata a dare contro a chi si limitava per un’ideaologia forte della limitizione che invece a me e’ stata imposta (glutine e uova), a passare notti insonni, a cambiare quella che e’ la mia alimentazione perche’ si, alcuni cibi non fanno cosi’ bene come invece credevo. Mi sono documentata, ho guardato svariati video (molti sono addirittura disponibili su Netflix) e cercato di trovare tutte le scuse piu’ papabili del mondo per non cambiare l’idea che per anni ho avuto. Sono quindi andata da mia nonna, convinta che potesse farmi tornare con i piedi per terra, ma cosi’ non e’ stato. Mia nonna invece mi ha raccontato della loro alimentazione, di come mangiassero solo ed esclusivamente cereali, frutta e verdura. Mi ha raccontato che all’epoca solo le persone benestanti potevano permettersi di comprare la carne, le uova o qualsiasi altro cibo derivato, sviluppando malattie che i poveri non potevano sviluppare. Mia nonna mi ha raccontanto cosi’ dell’ipertensione, del gozzo e di altre malattie da ricchi.

Non sono qua per farvi cambiare idea ma per condividere un cambiamento. Continuo a non accettare quella parola, troppo idealizzata per quello che invece vuol dire per me vivere seguendo una morale. Mi cibavo di affettati, adesso non riuscirei a comprare quelle scatole piene di conservanti e cibo prodotto in maniera esclusivamente intensiva. Credevo in tante cose, smontate poi una per una dalla semplice conoscenza. E piu’ mi informavo e piu’ avevo bisogno di sapere.

Se volete informarvi cominciate con questo:

CowSpiracy
https://www.netflix.com/title/80033772

What The Healt
https://www.netflix.com/watch/80174177?trackId=13752289&tctx=0%2C3%2C

Sguardi stupiti

Volevo condividere un gesto. Un gesto che mi è stato insegnato fin da piccola, perché all’epoca l’educazione era l’unico obiettivo da perseguire per ogni genitore che volesse essere considerato tale.

Volevo condividere l’amarezza nel ricordo del bel tempo passato, e mi spiego meglio.

Fin da piccola passavo i week end di riposo dei miei genitori facendo escursionismo o trekking e nei lunghi cammini che facevamo non mi è mai passato per la mente di non salutare chi incontravamo sul nostro percorso. Ore e ore di camminata e sento ancora la voce di mia mamma che mi rimprovera se per il fiato corto non saluto un passante. Da camperisti ci si saluta con un colpo di clacson, in montagna invece basta un ciao. Ho imparato così a dire ciao in 7 lingue diverse già a 10 anni: italiano,francese, austriaco, spagnolo, inglese, portoghese e tedesco.

Ho imparato fin da piccola che quel gesto era la vera differenza dalla vita quotidiana, talmente distaccata da tutto da non vedere nemmeno l’essere umano che abbiamo di fronte.

Un anziano signore incontrato sul Rocciamelone l’anno scorso sosteneva che in montagna le persone sono tutte un po’ più buone. E io vorrei che questa cosa non si perdesse, perché in fondo è una lezione morale che dovremmo seguire tutti. Essere un po’ più buoni. Essere un po’ più presenti. Uscire da quella bolla individuale e guardare in faccia la persona che ci passa davanti, magari aiutarla, condividere un pezzo di cioccolato se non sta bene.

E invece mi rendo conto di quanto il salutare e magari il conoscere l’escursionista che ti cammina di fianco sia solo più un vecchio retaggio. Forse quell’anziano signore doveva dire “le persone in montagna una volta erano tutte un po’ più buone”.

O forse potremmo cominciare a dire un semplice ciao e guardarci in faccia, conoscere le storie invece che fare le storie su Instagram. Io ci provo, un saluto alla volta, leggendo lo sguardo stupito di chi lo riceve.