Newsletter|Recap giugno e novità luglio!

È solo una mia impressione o questo giugno è letteralmente volato via?

Mi trovo a luglio, ormai entrata nel mio 7^ mese di gravidanza del nostro atteso Leo, con una marea di cose da fare: in primis cominciare a pensare a questo nascituro che ben presto sarà nelle nostre vite e che necessiterà di cose basiche quali un posto dove dormire, dell’abbigliamento per coprirsi… cose minime insomma. Ad oggi ho piazzato la vecchia cassettiera di Noah in camera, vuota. Fine della storia.

È vero che ha un sacco di roba del fratello, è vero che di tempo ne abbiamo ancora, ma siamo al settimo e mi sembra che il tempo ci sia semplicemente scivolato tra le dita.

Che cosa ho fatto quindi questo mese? Ho viaggiato.

Con Noah ho macinato parecchi km sull’autostrada A1 e A14; abbiamo sfruttato questo periodo estivo torrido per prendere un pò di fresco a Cuneo dai nonni. E perchè no per fare camminate, biciclettate e tante letture interessanti.

Chiudo il mese di giugno non troppo contenta delle letture: alcune superbe, altre decisamente dimenticabili.

Che cosa salvo delle letture di giugno?

Ho dedicato il mio tempo alla lettura di 5 libri di cui vedrete a breve la recensione qui sul blog: la prima è già uscita, Il caso Alaska Sanders di Joël Dicker, e potete recuperarla qui.

Un giallo perfetto per le vostre letture estive, scorrevolissimo, che consiglio vivamente! Mandatorio però aver letto La verità sul caso Harry Quebert.

Altra lettura che ho apprezzato tantissimo, la prima ad aver ricevuto 5 stelle su GoodReads, è stata La Cartolina di Anne Berest. La recensione arriverà a breve, se non volete perdervela vi consiglio di iscrivervi gratuitamente al blog qui sotto:

Ricevi i miei nuovi articoli nella tua casella di posta

Non vi spoilero nulla, se non che è uno di quei libri assolutamente da leggere!

Ho poi finito il secondo capitolo della saga dell’attraversaspecchi, a maggio avevo letto il primo libro Fidanzati dell’Inverno, giugno mi ha invece vista impegnata con Gli scomparsi di Chiardiluna. Anche questa recensione arriverà a luglio, promesso!

Nel paese delle donne selvagge è stato limitatamente deludente, immaginavo un risvolto diverso con una morale o un insegnamento di fondo che potesse ben sorreggere lo storytelling di questi tempi relativo all’immagine della donna.

Deludente invece Molto forte, incredibilmente vicino; non sono riuscita a finirlo. Che dire se non pace, avanti il prossimo!

Che cosa leggerò a Luglio?

Se ancora non lo fate vi consiglio di seguirmi su GoodReads, unico luogo dove riesco a star dietro alle letture finite/pagine lette/letture future.

In alternativa potete seguirmi su Instagram:

conosciamo su instagram, mi trovi come giulia con la giacca rosa blog

Al momento ho letto Infanzia di Tove Ditlevsen e sono in procinto di finire Uomini e Topi di John Steinbeck. Anche queste recensioni arriveranno a luglio!

Vorrei poi proseguire la saga dell’attraversaspecchi con il terzo capitolo, La memoria di Babel, e iniziare uno dei mattoni russi che ho comprato qualche giorno fa! Se avete consigli a riguardo, sono ben accetti!!

Altri contenuti!

Questo mese ho finalmente ultimato i contenuti gratuiti che potrete trovare da gennaio 2023. Ci saranno i soliti planner mensili, gli screensaver con calendar per il vostro smartphone e due rubriche nuove a cui ho lavorato nell’ultimo periodo!

Li potete trovare scaricabili gratuitamente sul blog, oppure direttamente sulla vostra mail se siete iscritti al blog!

leggi gli articoli recenti di giulia con la giacca rosa
visita lo shop di giulia con la giacca rosa

Informazioni di servizio – Luglio 2021

Mi viene difficile seguire con costanza un qualcosa che necessita di veramente tanto tempo. Pero’ ritorno sempre qui. Il blog, il mio posto.

Un po’ come quegli amori che non riesci a dimenticare, come le passioni che anche se rimangono a tacere per un po’ poi ad un certo punto trovano il modo di uscire fuori, come una voce potente. Cosi’ e’ la mia presenza qui e mi sono autoconvinta che si, va bene cosi’.

In una estate che ha visto venire alla luce piu’ libri che fiori, io ho taciuto. Una volta mi sedevo e scrivevo, tiravo fuori dalla borsa il mio inseparabile quadernino rigorosamente nero e scrivevo. Che fosse ad un bar, in un parco, su un treno o sui mille aerei presi quando vivevo all’estero. Scrivevo sul retro degli scontrini le emozioni di quel momento per non dimenticarmi di tutta la loro grandiosita’. Ma scrivevo anche per poter rileggere, sorridere e pensare “che bei tempi che erano quelli”.

Da un po’ di anni ho il pc, anche lui inseparabile compagno, che mi aiuta a mantenere vivi i ricordi e a coltivare quella sana nostalgia del tempo perduto. Mi manca, pero’, il tempo per potermi sedere, a mente aperta, e scrivere di getto quello che vive dentro la testa e che ha bisogno di parole per poter esistere nero su bianco.

Questa cosa negli ultimi anni mi ha portato a litigare spesso con la mia testa, vittima dell’impegno preso con me stessa e della sensazione di fallimento se non riuscivo a stare al passo con le pubblicazioni che mi ero prefissata. Cosi’, come qualsiasi rapporto tossico, ho dovuto staccare la spina di netto.

La prima settimana senza aver pubblicato post e’ stata difficile, avevo ancora forte il giudizio di quella voce che mi diceva “sei ancora in tempo, cosa ti costa alle 11 di sera metterti al pc e scrivere qualcosa?!”. Mi costava. Sarebbero state ore di riposo in meno, una mente meno lucida il giorno successivo e una mamma meno presente o felice per Noah.

Cosi’ sono passate due settimane senza post, un mese, due mesi. Oggi sono qui, ma domani non lo so.

E va bene cosi’. Non ci sono biglietti da timbrare, ma solo un posto in cui condividere attimi di vita, consapevole che ogni tanto, pero’, la vita va solamente vissuta in tutta la sua grandezza. Bevuta in un unico sorso e raccontata poi, forse, a tempo e debito.

Ad oggi conto 294 articoli scritti sul blog, vi lascio quindi in buone mani se avete bisogno di qualche consiglio o di qualche lettura. Noi ci rivedremo presto, appena il tempo tornera’ ad essere meno sospeso.

Puoi trovarmi anche su instagram, sul profilo personale: @giulia_gribaudo_

Storia di un anno che se ne va

Arrivederci 2019

E se dico arrivederci al posto di ciao è perché vorrei poter rivivere di nuovo un anno così positivo e così pieno d’amore. Caro 2019, nonostante le bassissime aspettative con cui ti ho accolto a gennaio, vittima probabilmente anche di questo tuo aspetto da “quasi cifra tonda” e dal pregiudizio del numero dispari, ti ringrazio immensamente per quello che mi hai regalato. Non potevo chiedere nulla di più. In realtà non osavo pensare di poter arrivare a chiudere così l’anno. Dopo un Natale nuovo, che sapeva veramente di magico, sono qui a scrivere ed a ripensa a questi 12 mesi tenendo in braccio il dono più bello che potessi mai ricevere. Un percorso importante, un anno di svolta, di crescita. Un anno che mi ha cambiato la vita per sempre. Un anno che mi porterò per sempre dentro il cuore.

Così, visto che ripetere un anno come questo non sarà sicuramente facile, ho deciso di non fare grandi liste ma di “impegnarmi” a vivere al meglio il presente e tutto quello che quest’anno mi porterà. Ma soprattutto, il 2020 sarà il suo anno: pieno di prime volte, di sorrisi, di pianti e di emozioni che rimarranno indelebili per sempre.

Ci tengo invece a portarmi dietro in questa nuova decade una lista di insegnamenti che mi sono sudata in questi anni e che mi accompagneranno come un mantra in tutte le avventure e disavventure che ancora mi aspettano e mi spettano. Chiudo quest’era così, avendo imparato che:

  • Dove possibile, devo dire meno SI e più NO alle persone o agli eventi che non mi fanno bene o che semplicemente non mi rendono serena;
  • Non devo aspettare di arrivare al punto di rottura per reagire e prendermi una pausa fisica o anche solo mentale;
  • È importante non sottovalutarsi, è importante parlare di se stessi in maniera positiva e, anche di fronte ad un ostacolo, è importante essere i primi a credere in se stessi perché si! si possono raggiungere veramente i grandi sogni;
  • Non mi devo paragonare a nessun altro, le scelte che faccio devono essere dettate solo ed esclusivamente da quello che voglio nella mia vita e da ciò che mi fa stare bene. Poco importa se tizio o caio farebbero diversamente.
  • È bello quando esprimo veramente me stessa e la mia personalità senza la paura di essere giudicata;
  • In ogni situazione negativa puoi imparare un nuovo modo per rialzarti e andare avanti (ps: non nasconderti dietro la maschera del “va tutto bene”);
  • È importante avere degli obiettivi che ci rendano felice, così come è importante prendersi del tempo per pensare quali siano questi obiettivi.

Tutto questo perché credo che i piccoli dettagli fanno la differenza, l’hanno sempre fatta. Vi auguro quindi una nuova era piena di piccoli grandi momenti, una decade di sorrisi dati e ricevuti e un nuovo anno che sia il punto di partenza per poter concretizzare la miglior versione di voi stessi.

 

Giulia.

Il miracolo della presenza – Thich Nhat Hanh

Schermata 2018-07-18 alle 10.24.48Qualche settimana fa una ragazza che ho conosciuto tramite i social (la trovate su IG come @talkafterbooks ) mi ha girato un estratto di quello che stava leggendo. Uno dei tanti racconti del libro di Thich Nhat Hanh (maestro zen vietnamita, poeta e pacifista) intitolato il miracolo della presenza; una lettura molto facile perche’ sotto forma di storiella, ma che personalmente mi ha lasciato molto su cui riflettere. Ve la ripropongo qui:

In questo racconto di Tolstoj c’è un imperatore che un giorno pensò che se avesse avuto la risposta a tre domande, avrebbe avuto la chiave per risolvere qualsiasi problema: Qual’è il momento migliore per intraprendere qualcosa ? Quali sono le persone più importanti con cui collaborare ? Qual è la cosa che più conta sopra tutte ? L’imperatore emanò un bando per tutto il regno annunciando una lauta ricompensa per chi avesse saputo rispondere alle tre domande. Ma le risposte che i centinaia di avventori gli diedero, non lo convinsero in nessun modo. Per la prima domanda risposero nei modi più vari. La cosa migliore era secondo alcuni la costituzione di un Consiglio di esperti, per altri era rivolgersi a maghi e indovini.

Per la seconda domanda, gli consigliarono di riporre la sua fiducia negli amministratori, un altro gli consigliò di affidarsi al clero o ai monaci. Per la terza domanda, qualcuno disse che l’attività più importante era la scienza, altri dissero l’arte militare, o la religione. Insoddisfatto, l’imperatore decise di rivolgersi a un eremita, un sant’uomo che si riteneva molto saggio, che la mattina dopo decise di andare a trovare, scalando la montagna sulla quale si era ritirato a vivere. Ma giunto al cospetto dell’eremita, questi non rispose a nessuna delle sue domande. Era intento a vangare il suo orto. “Devi essere stanco, ” disse l’imperatore, “lascia che ti aiuti”. L’eremita lo ringraziò , gli diede la vanga e si sedette per terra a riposare. L’imperatore vangò per due ore, poi mise giù l’attrezzo, e disse all’eremita: “Sono venuto per rivolgerti tre domande. Ma se non sai darmi la risposta, ti prego di dirmelo, così me ne torno a casa mia.”

E il ferito raccontò la sua storia: era un acerrimo nemico dell’imperatore, deciso ad ucciderlo, perché nell’ultima guerra l’imperatore aveva ucciso il fratello e si era impossessato dei suo beni. Sapendo che l’imperatore era andato da solo su quella montagna per consultare l’eremita, lo aveva seguito,ma nel bosco era stato affrontato dalla scorta, e anche se ferito gravemente, era riuscito a fuggire. “Volevo uccidervi, “disse l’uomo, “e invece mi avete salvato la vita ! La mia vergogna e la mia riconoscenza sono indicibili. Se vivo, giuro di servirvi per il resto dei miei giorni e di imporre a figli e nipoti di fare altrettanto. Vi prego, concedetemi il vostro perdono.”

L’imperatore non solo lo perdonò, ma andò a cercare la sua scorta, per far ricondurre l’uomo a casa sua. E diede ordine che fosse assistito e curato. Poi, tornò a cercare l’eremita. Voleva riproporgli le tre domande per l’ultima volta. Lo trovò che seminava nel terreno dove il giorno prima aveva vangato. L’eremita si alzò e guardò l’imperatore: “Ma le tue domande hanno già avuto risposta.” “Come sarebbe ?” chiese l’imperatore.

“Se ieri non avessi avuto pietà della mia vecchiaia, “rispose l’eremita, “e non mi avessi aiutato a scavare questi solchi, tu saresti stato aggredito da quell’uomo sulla via del ritorno. Allora ti saresti pentito amaramente di non essere rimasto con me. Perciò il momento più importante era quello in cui scavavi i solchi, la persona più importante ero io, e la cosa più importante da fare era aiutarmi. Più tardi, quando è arrivato il ferito, il momento più importante è quello in cui hai medicato la ferita, perché se tu non lo avessi curato sarebbe morto e avresti perso l’occasione di riconciliarti con lui. Per lo stesso motivo la persona più importante era lui e la cosa più importante era medicare la sua ferita. Ricorda che c’è un unico momento importante: questo.

Il presente è l’unico momento di cui siamo padroni. La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte, perché chi può dire se in futuro avremo a che fare con altre persone ? La cosa che più conta sopra tutte è rendere felice la persona che ti sta accanto, perché solo questo è lo scopo della vita.”

69313958_502838183619283_1142929671214596096_nSe il presente e’ l’unico momento di cui siamo padroni, non dovremmo sfruttare ogni singolo minuto al meglio? Personalmente non l’ho interpretato come una sfumatura di CARPE DIEM, quanto piu’ alla possibilita’ di essere gentili verso il prossimo in questo preciso momento. Non lasciarsi scappare l’occasione di fare del bene ora, di aiutare qualcuno adesso, perche’ solo su questo abbiamo un qualche potere decisionale. E non c’e’ nulla di piu’ potente del bene, del donare e dell’allungare la mano verso qualcuno che potrebbe aver bisogno.

Nel quotidiano credo sia una sfida, alcuni gesti vengono dettati piu’ dalla routine che dall’approccio con cui vogliamo veramente agire. E come qualsiasi cosa nella vita, credo che l’importante sia sapere ed essere consci della strada che si vuole percorrere, facendo del proprio meglio per rimanere su quel sentiero.

Peace and Love

Giulia

Sapere quando fermarsi.

Ho deciso di scrivere di questo tema perche’ per anni e’ sempre stato un argomento di confronto con genitori, parenti o con chi semplicemente non viveva la vita nella mia pelle. Ho deciso di condividere questi pensieri perche’ credo di non essere l’unica persona a non sapere come fermarsi e spero di poter dare un aiuto a chi come me si e’ trovato nella situazione di doverlo fare per forza. Ma parliamoci chiaro: anche se uno volesse, non sempre e’ facile fermare il vortice della propria routine e delle priorita’; cosi’ come non e’ facile mettere a tacere il pensiero che ci sia qualcuno che conta su di te, mentre tu invece stai male e vorresti solo stare a letto. Noi donne in fondo siamo state abituate fin da piccole; non importa se il ciclo ti mette ko, se hai mal di pancia e mal di testa, non importa se sei letargica e fisicamente debole: a scuola ci devi andare, la verifica la dovrai fare, l’esame all’universita’ dovra’ essere sostenuto e a lavoro nessuno ti scontera’ le 6 ore (che 6 in alcuni casi sarebbero anche poche) che dovrai passare in piedi a correre come in un qualsiasi altro giorno.

Quindi penso che in realta’ siamo programmate per sopportare e sottostimare i sintomi che parlano al nostro corpo praticamente sempre.
Ed e’ cosi’ che quando il mio corpo ha messo il freno a mano la testa non ha saputo reagire; il corpo a letto senza forze e la testa con la voglia di alzarsi e vivere la giornata. Poi a un certo punto mi sono dovuta auto-riprogrammare. Mi sono dovuta convincere che lo stare a letto non era pigrizia, che ne avevo veramente bisogno. Ho dovuto imparare a sentire il mio corpo e direzionargli tutte le energie che generalmente investivo nella mia routine: il lavoro, la casa, le persone e mai veramente a me stessa.

Cosi’ sono stata a letto, ho aiutato il mio corpo a non fare nulla se non rilassarsi e rigenerarsi. Ho allontanato tutto lo stress che mi autoprovocavo dandomi stimoli continui ad alzarmi e fare cose. Insomma, ho fatto per una volta l’egoista e ho pensato a me stessa. E quando hai il tempo di pensare a te stessa il sapere quando fermarsi diventa la cosa piu’ importante per poter andare poi avanti in maniera ragionata, e non solo perche’ sei su una ruota che continua a girare. Anzi. La routine e’ quella ruota, tu continui a muoverti pensando di andare avanti, ma in realta’ stai solo girando come un criceto in gabbia. Per poter seguire la tua strada, invece, devi fermarti, scendere da quella ruota e camminare.

Ti starai chiedendo qual’e’ quindi il succo del discorso, dov’e’ che voglio arrivare… giustamente. Il succo e’ questo: ascoltati, supportati e datti il tempo che ti meriti. Abbandona l’idea che non va bene non fare nulla, non va bene starsene un giorno a riposo, che devi fare cose per essere figo. Nessuno meglio di te sa di che cosa hai bisogno, non lasciare quindi che siano gli altri a deciderlo.

Perche’ viaggiare?

Perche’ viaggiare? 

Questa e’ stata la mia prima domanda sbarcata all’eta’ di 20 anni da sola in terra americana, dopo aver perso la valigia e le ore di sonno.  Ve la siete mai posta questa domanda? Posta sul serio, intendo. Perché da qui a rispondere le solite cose come viaggio per staccare la spina, per mandare tutti a quel paese per qualche giorno o perché sono affetto/a dalla sindrome di wanderlust è un attimo.

Dal mio personalissimo punto di vista viaggiare corrisponde a staccare dalla vita quotidiana e dalla me di tutti i giorni. Viaggiare e’ diventato negli anni un occasione per conoscermi a fondo e conoscere quello che mi circonda. E’ inevitabile, se in certe situazioni scomode non ti ci troverai mai, non potrai mai sapere di che pasta sei fatto/a. La nostra voglia di partire ci porta a scoprire cose nuove, ad aprirci a nuovi volti e nuovi fatti, a tendere le orecchie a una nuova lingua, ad avvolgere le papille attorno a sapori fino a questo momento inediti.

Ma perche’ viaggiamo? Perche’ decidiamo di prendere un aereo, una barca o piu’ semplicemente un mezzo a 4 ruote e decidiamo di partire per una meta nuova da scoprire?

Perche’ viaggiare: le mie motivazioni.

Viaggio perche’ sono naturalmente curiosa, perche’ amo scoprire le abitudini delle persone e poter raccontare di queste. Viaggio perche’ la partenza e la scoperta sono state le emozioni che mi hanno fatto crescere fin da subito.

DisneylandNata da una famiglia di camperisti viaggiatori compulsivi, girovagare e’ da sempre stato un valore che ci ha uniti come famiglia e mi ha reso la persona che sono oggi. Il mio viaggiare e’ il semplice proseguimento di quello che i miei genitori mi hanno sempre insegnato: crearmi ricordi indelebili di terre stupende. Ed e’ per questo che parto, per potermi vedere diversa allo specchio, con una scintilla tutta speciale negli occhi e una gioia indescrivibile nel cuore. Viaggiare significa anche tollerare, conoscere altre persone e apprezzarne pregi e difetti, vedere l’altro non come un estraneo ma come un semplice cittadino che abita questo mondo in un posto diverso dal tuo. Significa comprendere altre culture e rispettarle, per quanto possano essere distanti dalla nostra personale idea.

childhood

Non ricordo bene quando decisi che il viaggiare sarebbe stato un tassello importante della mia vita, ma ricordo i momenti indelebili che mi spinsero a diventare quella che sono oggi: la prima immagine del tramonto sul mare portoghese dopo aver aperto la porta anteriore del camper, all’epoca non avevo foto ma e’ la piu’ bella diapositiva custodita nella testa; il viaggio dall’italia a capo nord in camper, dai tuffi nei fiordi alle lunghe giornate di sole estivo avvolte nel silenzio della natura; la strada, che fosse di giorno o di notte, con i cd delle piu’ famose canzoni dagli anni ’60 ai ’90 e i Grisbi da sgranocchiare.

Infine, viaggio perché poi amo raccontarlo. Sia a voce e sia sulla carta (anzi su word, per la precisione). E spulciare decine di volte le foto che ho scattato, per illudermi di essere riuscita a portare via con me un pezzettino di quello che ho trovato durante il mio viaggio.