Inizio questa newsletter dicendovi che non ho idea di che cosa uscirà fuori, ma che ho bisogno di riprendere a scrivere quello che mi passa per la testa.
Un anno fa mi ero posta le newsletter con lo stesso scopo: uno spazio dove tirare fuori me stessa. Quello spazio è rimasto sospeso per tutti questi mesi, è vero, ma ho pensato che scrivere ogni tanto è comunque meglio di scrivere mai.
Quindi eccoci qui: COME VA?
Ho sempre avuto difficoltà a rispondere a questa domanda perché generalmente quando la pongo a qualcuno è un pò come se metaforicamente mi sedessi ad ascoltare quello che di buono e meno buono sta passando. Mentre ad oggi mi scontro invece con dei sordi COME VA che una volta chiesti non hanno la capacità di recepire la risposta. E questo credo sia un problema del nostro tempo, di coloro che sono cresciuti con mille stimoli ma con un ridimensionamento della capacità di attenzione.
Ho letto un libro che non ho ancora recensito perché mi confronterò in primis con il gruppo di lettura. È una lettura che mi ha aperto svariate domande: un pò perché probabilmente non ho avuto la capacità di empatizzare con il personaggio; un pò perché l’ho sentito troppo distante da quello che concepisco e dai pensieri che mi passano per la testa.
Mi ha però portato a farmi delle domande, in primis proprio il come va.
Potrei dire che va tutto bene: che sono a casa a godermi questa maternità, che ho di nuovo del tempo per poter stare con il mio bimbo che sarà il più piccolo ancora per poco. Va tutto bene perché questi due anni e mezzo di pandemia non ci hanno toccati, abbiamo vissuto le restrizioni felicemente nella nostra bolla; abbiamo lavorato alla nostra casa; ci siamo continuati ad amare e abbiamo imparato a riconoscere quel sentimento giorno dopo giorno nonostante le quotidianità sempre di corsa.
Non ho nulla di cui lamentarmi, da fuori. Eppure ho quel senso di “ne ho abbastanza” che mi accompagna tutti i giorni.
Non va bene perché non mi piace il mondo che mi circonda: la televisione, la radio, i giornali. Sono anni che istigano qualsiasi tipo o corrente di pensiero; sono anni che non ci guardiamo più in faccia e abbiamo imparato a screditarci invece che ascoltarci. Sono anni che vedo piccoli fuochi spegnersi qua e la in giro per il mondo, solo gli ultimi? La bozza passata in America per la cancellazione del diritto di aborto; l’obbligo del burqa per le donne che vogliono uscire di casa in Afghanistan; la strumentalizzazione della guerra Russia – Ucraina da parte dei media.
Sono macigni che quotidianamente bisogna sopportare.
Altri piccoli sassolini pesanti sono i social: ho iniziato a smettere di seguire quegli account sempre pronti a parlare di questo e di quello, i tuttologi della vita. È qualcosa che non sopporto più anche se mi rendo conto che avere e dire sempre la propria in tutti i momenti “caldi” porta a ricondivisioni, a una crescita del profilo, a un senso di appartenenza.
Mi rendo conto che per ogni argomento che calca i nostri piccoli schermi vengono utilizzati sempre gli stessi strumenti narrativi: è successo un fatto, il mondo come può tollerarlo, attorno a noi c’è una grande mancanza di empatia, bisogna lavorare sulla propria crescita personale perché solo così possiamo plasmare con la stessa capacità anche chi ci circonda.
Peccato che quando poi ti scontri con l’esterno tutto il lavoro che puoi aver fatto su te stesso viene inevitabilmente ridotto a nulla: amplio la mia visione della genitorialità, amplio la mia idea di femminismo, amplio l’idea di uguaglianza, amplio tutto quello che riguarda il mondo della sostenibilità; ma quello che ritorna è sempre e solo un gran senso di “quello che sto facendo non basta”. Frustrazione.
Ad oggi continuo ad interrogarmi sul che cosa posso fare oggi per togliere quel senso di frustrazione che quotidianamente ho quando leggo notizie, post, ascolto conversazioni che remano verso il passato e i soliti costrutti invece che verso una nuova società rivolta verso un futuro più equo e sostenibile (sotto tutti i punti di vista prima elencati).
Io mi sono dedicata nuovamente alla lettura, partendo principalmente dal mio porto sicuro che sono i grandi classici.
Vi aspetto nei commenti qui sotto per sapere se questo senso di frustrazione tocca anche voi e se siete riusciti in qualche modo ad arginarlo o tenerlo sotto controllo. Mi farebbe piacere sapere come va anche a voi 🙂
A presto,
Giulia





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